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Cedolare sugli affitti, in un caso su tre non conviene.

Italcase.it
14 mar 2011
Circolari
La cedolare secca al test di convenienza rischia di "perdere" fino a un terzo degli interessati: tutti i proprietari per i quali la scelta della nuova tassazione sugli affitti va fatta solo dopo una verifica personalizzata.
Il nuovo regime è sicuramente vantaggioso per chi ha un reddito imponibile medio-alto: oltre i 15mila euro per i contratti a canone libero e oltre i 28mila euro per quelli a canone concordato (si vedano le simulazioni sul Sole 24 Ore del 6 marzo scorso). Sono questi, infatti, i livelli al di sopra dei quali scattano le aliquote marginali Irpef del 27% e del 38%, che perdono il confronto con la cedolare. Di fatto, però, molti contribuenti sono al di sotto di queste soglie. Il 19,5% delle persone fisiche titolari di case date in affitto dichiara un reddito minore o uguale a 10mila euro, mentre un altro 37,8% sta nella fascia tra 10mila e 26mila euro. I numeri sono nel volume «Gli immobili in Italia», redatto da agenzia del Territorio e dipartimento delle Finanze analizzando le dichiarazioni sul 2008, e gettano una luce diversa sulla cedolare. È senz'altro possibile che redditi così bassi nascondano una quota di evasione su altre fonti di guadagno o una sottodichiarazione dell'affitto, visto che il canone medio in questi casi va da 204 a 270 euro al mese (al netto delle deduzioni forfettarie). Quale che sia la spiegazione, comunque, resta un punto fermo: oggi un terzo dei proprietari si trova nel primo scaglione di reddito – quello con Irpef al 23% – e deve valutare caso per caso se il passaggio al nuovo regime è vantaggioso (si veda il grafico a destra).
A favore della cedolare secca gioca innanzitutto un'aliquota inferiore: 21% per i contratti a canone di mercato e 19% per quelli a canone concordato, al posto dell'aliquota marginale, anche se bisogna considerare che la cedolare si applica al canone intero (senza il 15% di deduzione forfettaria per il canone libero e il 40,5% per quello concordato). Inoltre, chi paga la cedolare non dovrà più versare l'imposta di registro (2% sul canone, per metà a carico del proprietario), l'imposta di bollo (15 euro) e l'addizionale comunale e regionale. Sulla convenienza finale, però, pesano altre tre considerazioni. e È necessario valutare l'impatto delle detrazioni. Un contribuente con redditi da lavoro dipendente e detrazioni per familiari a carico, se avesse anche il 36% sulle ristrutturazioni e il 55% sul risparmio energetico potrebbe non riuscire a "incassare" tutto il credito d'imposta (da notare che il reddito sottoposto alla cedolare è comunque conteggiato per calcolare le detrazioni). Chi ha redditi che variano molto da un anno all'altro, inoltre, potrebbe far fatica a stimare il rischio di incapienza per gli anni seguenti.
Se si opta per la cedolare, si deve rinunciare all'adeguamento Istat del canone, comunicandolo con raccomandata a/r all'inquilino. Una mossa rilevante per chi rientra nel primo scaglione Irpef e ha appena stipulato il contratto: immaginando un'inflazione annua del 2% e un canone di mercato di 1.000 euro all'anno, chi sceglie la cedolare incassa 3.160 euro in quattro anni; chi si tiene l'Irpef al 23%, invece, 3.200 euro (considerando registro e addizionali di Roma). Ipotizzando un'inflazione più alta, il vantaggio dell'Irpef al 23% diventa sensibile anche sulla distanza dei tre anni. Per i contribuenti che rientrano negli scaglioni superiori, invece, vince la cedolare, e il risultato non cambia almeno fino a un'inflazione del 4% annuo.
Chi ha un contratto in corso e ha già pagato l'imposta di registro – magari in anticipo per tutti e quattro gli anni – e deve tenere conto che non ci sarà rimborso. Inoltre, va valutato l'eventuale versamento degli acconti d'imposta (si veda l'articolo a destra). Oggi in lista d'attesa per la flat tax ci sono 2,7 milioni di abitazioni affittate da persone fisiche. A questi dati ufficiali vanno poi aggiunte le case locate in nero, che sono almeno 500mila e dalla cui regolarizzazione – nei piani del governo – deve arrivare il gettito aggiuntivo con cui compensare le minori entrate tributarie sugli affitti già noti al fisco. Senza dimenticare la possibile emersione dei canoni sottodichiarati, anch'essi colpiti dalle supersanzioni previste dal legislatore.
Sulla platea dei beneficiari, peraltro, Assoedilizia segnala un'incertezza. Posto che la cedolare non si applica se il proprietario è una società o una persona fisica che agisce nell'esercizio di un'impresa o di una professione, il nuovo regime vale per le locazioni abitative in cui il conduttore è una società? Il caso tipico è quello dei privati che affittano case a banche o imprese nelle grandi città. Assoedilizia propende per la lettura estensiva, ma rileva che il termine locazioni «effettuate», contenuto nella norma, è ambiguo e sta bloccando molti contratti.

Fonte: Il Sole 24 Ore