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Locazione finita se il titolare deve eseguire opere pubbliche.

Italcase.it
6 set 2010
Circolari
Il proprietario di un immobile a uso commerciale può non rinnovare il contratto di locazione alla prima scadenza, anche se l'impegno che ha preso con il comune per realizzare opere di urbanizzazione è solo un atto unilaterale. Né rileva il fatto che il termine per concludere questi lavori sia scaduto, dal momento che ciò che conta è il costante interesse dell'ente locale all'intervento promesso. Sono queste le importanti conclusioni raggiunte dalla terza sezione civile della Cassazione con la sentenza 16647/2010 che ha respinto il ricorso di una cooperativa nei confronti di una società che le aveva concesso in locazione un immobile a uso commerciale. La società, alla prima scadenza del contratto, non aveva rinnovato l'accordo sostenendo che ricorreva una delle ipotesi previste dall'articolo 29 della legge n. 392 del 1978. La cooperativa si è quindi rivolta, con successo, al tribunale, ma in appello le cose sono cambiate. I giudici di secondo grado, infatti, hanno dichiarato cessato il contratto di affitto in considerazione dell'obbligo assunto dalla proprietaria di costruire sull'area dell'immobile condotto in locazione opere di urbanizzazione primaria e un fabbricato per attività commerciali. Il collegio, inoltre, ha affermato che la scadenza del termine per la consegna al comune dell'area non comportava l'automatica scadenza dell'autorizzazione a realizzare le opere di urbanizzazione primaria, per le quali, al contrario, risultava un persistente interesse del comune. Contro questa decisione la cooperativa ha presentato ricorso in Cassazione. In pratica, secondo la cooperativa, i giudici di secondo grado avrebbero "creato" senza alcuna ragione un'ipotesi nuova e diversa da quella prevista dal legislatore. Nel caso in esame esisteva solo un obbligo unilaterale a cedere le aree sulle quali insisteva il fabbricato concesso in locazione alla cooperativa. Questo proposito, però, non si era mai concretizzato in un contratto vero e proprio, con la conseguenza che la semplice esistenza di un impegno futuro di sottoscrivere una convenzione con l'ente locale non si poteva considerare un atto amministrativo in senso stretto e, quindi, si doveva ritenere non valido ai fini del diniego del rinnovo del contratto. La Cassazione non ha condiviso queste affermazioni stabilendo, al contrario, che «il fatto che una elencazione di fattispecie sia tassativa, non esclude affatto che essa possa essere interpretata estensivamente». A conferma di questa conclusione, la Suprema corte ha anche richiamato un suo precedente nel quale ha affermato che ai fini della legittimità del recesso del locatore, che intende demolire o trasformare notevolmente l'immobile locato per eseguire nuove costruzioni, non è necessario che la nuova costruzione insista in tutto o in parte sulla stessa area dell'edificio da demolire, ma è sufficiente che la demolizione sia imposta dalla realizzazione del nuovo progetto edilizio. In sostanza, la tassatività delle ipotesi indicate dalla legge blocca solo la possibilità di applicare l'interpretazione analogica della legge ma non quella estensiva. Senza contare poi, ha concluso il collegio di legittimità, che nella valutazione dei contrapposti interessi «quello pubblicistico alla realizzazione di un'opera pubblica deve considerarsi prevalente rispetto a quello del privato».

Fonte: Il Sole 24 Ore