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Valore commerciale degli immobili: legittima l esenzione da imposta.

Italcase.it
17 mag 2011
Circolari
A stabilirlo la Corte di giustizia con una recente sentenza che riguarda la normativa francese Il Consiglio europeo in materia di paesi e territori d'oltremare ha adottato la decisione 91\482\CEE meglio nota come la "sesta decisione". L'articolo 180, tratta proprio il movimento dei capitali che, come si legge nel testo, occorre avvenga nel rispetto di un principio di collaborazione con i paesi dell'Unione europea. La successiva decisione 2001\822CE, che supera la precedente, dispone all'articolo 47, n.1, lett. b), un approccio, quanto al movimento dei capitali, volto a favorire la libera circolazione degli stessi e segnatamente volto a evitare misure restrittive alla libera circolazione.
L'imposta sul valore commerciale degli immobili Le disposizioni contenute nell'articolo 990 D, come anche nei successivi articoli, sono disposizioni varate allo scopo di contrastare atteggiamenti di elusione fiscale. Il richiamato articolo, prevede l'assoggettamento, con aliquota del 3%, all'imposta sul valore commerciale degli immobili nel territorio francese, di proprietà di persone giuridiche, posseduti anche tramite soggetti interposti. Casi si esonero all'applicazione dell'imposta sono tassativamente previsti nei commi successivi dello stesso articolo 990 D. In particolare, l'imposta non si applica a quei soggetti che hanno la proprietà di immobili nel territorio francese ma tali possedimenti siano in percentuale inferiore al 50% rispetto ad altri detenuti in altro Stato. Per quei soggetti residenti in Stati o territori che abbiano concluso con lo Stato francese convenzioni di assistenza amministrativa ai fini di lotta ad elusione ed evasione fiscale. Per quei soggetti residenti in Stati o territori che abbiano un trattato con la Repubblica francese volto ad evitare trattamenti tributari maggiormente onerosi ma che al contempo si impegnino a fornire debite informazioni sulle attività possedute nello Stato. L'articolo 990 F, dispone una eccezione all'applicazione dell'imposta sul valore commerciale degli immobili se i beni sono regolarmente iscritti nei depositi delle persone giuridiche, aggiornato con cadenza annuale. Per finire, occorre sottolineare che, nei casi di applicazione dell'imposta, essa segue, per il sistema di riscossione e il regime sanzionatorio, quanto previsto in materia dei diritti di registrazione.

La vicenda controversa
Il tutto nasce dalla richiesta, ad opera dell'Amministrazione finanziaria francese, di versare l'imposta sul valore commerciale degli immobili, con aliquota ordinaria al 3%, per taluni immobili posseduti direttamente e indirettamente nei confronti di due società appartenenti a una holding di diritto lussemburghese ma con una consistente quota detenuta da società stabilite nei territori dei paesi d'oltremare. Contro tali società, infatti, non veniva riconosciuta l'esenzione dall'imposta sul valore commerciale sugli immobili che spetterebbe, invece, alle società residenti nel territorio francese secondo quanto stabilito nel codice generale delle imposte. Considerato il complesso quadro di partecipazioni tra le società della holding il giudice nazionale, adito dalla società capogruppo in quanto debitrice in solido con le società controllate, ha deciso di sospendere il procedimento e di rimettere la questione interpretativa ai togati della Corte di giustizia europea.

La questione pregiudiziale
In realtà la questione pregiudiziale rivolta alla Corte europea è di duplice natura. In primo luogo, infatti, occorre stabilire la corretta interpretazione della disposizione contenuta nel codice generale delle imposte, secondo cui l'esenzione dall'imposta sul valore commerciale degli immobili francesi è subordinata o alla proprietà di detti immobili da parte di società residenti o nel caso di soggetti residenti in altro Stato terzo, alla sussistenza di apposite convenzioni di assistenza amministrativa atte a garantire un valido supporto alla lotta contro l'evasione e l'elusione fiscale. Al pari delle convenzioni suddette, l'esenzione è prevista anche laddove sussista un trattato contenente clausole di non discriminazione. Tutt'altra questione, seppur connessa alla precedente, è quella della responsabilità solidale del debito tributario di soggetti interposti come nel caso della holding con le stesse società controllate.

I termini della questione
In ottemperanza alle disposizioni di cui all'articolo 234 del Trattato CE, la Corte di giustizia europea è stata chiamata a fare chiarezza su una questione pregiudiziale che pone alla base della corretta interpretazione quanto statuito negli articoli 63 e seguenti del TFUE. In sostanza, occorre far luce sulle modalità di applicazione dell'imposta sul valore commerciale degli immobili nel territorio della Repubblica francese posseduti da soggetti esteri. Nello specifico, di soggetti residenti nei così detti territori d'oltremare, che godono di una previsione normativa ad hoc quanto al trattamento tributario. La controversia vede contrapporsi da un lato l'amministrazione finanziaria francese, dall'altro società figlie di una holding internazionale alle quali è stato richiesto il versamento dell'imposta sul valore commerciale degli immobili posseduti in Francia.

Le argomentazioni dei giudici
Nella sostanza i giudici europei hanno il compito di sciogliere il dubbio interpretativo in merito alla norma nazionale che prevede casi di esonero dal versamento dell'imposta sul valore commerciale degli immobili per quei soggetti giuridici, non residenti nel territorio dello Stato, che riversino in talune condizioni. La peculiarità dei fatti di cui alla causa principale è costituita dal valutare il rispetto del divieto a restrizioni alla libera circolazione dei capitali, dell'imposta sul valore commerciale degli immobili applicata a soggetti residenti nei paesi e territori d'oltremare. Sull'argomento la Corte si è già pronunciata in passato, affermando come un investimento immobiliare transfrontaliero costituisca un movimento di capitali, concludendo nel caso di specie come una normativa siffatta costituisca proprio una restrizione alla libera circolazione di capitali. Nel procedimento C-387 invece si tratta di valutare la violazione in considerazione, non solo del testo legislativo nazionale, ma soprattutto con riferimento al luogo di stabilimento dei soggetti ovvero i paesi e territori d'oltremare. Segnatamente, l'articolo 64, n. 1, TFUE sul divieto a restrizioni nella libera circolazione di capitali, consente agli Stati terzi di introdurre restrizioni nei movimenti di capitale, anche agli investimenti immobiliari, da e verso i medesimi Stati terzi. Ecco che allora la chiave di volta per risolvere il dubbio interpretativo proposto è proprio quello di stabilire sei i territori e Paesi d'oltremare possano essere assimilati a Stati terzi. Seppur anche la stessa Corte di giustizia si sia pronunciata asserendo che i Paesi e territori d'oltremare sono oggetto di una speciale disciplina (cd. speciale regime di associazione) contenuta nel Trattato CE, detto regime non sembra contemplare nulla in merito al movimento di capitali da e verso i Paesi e territori d'oltremare. Orbene dall'esame del fascicolo presentato alla Corte, i giudici sono giunti alla conclusione che l'interpretazione corretta sia considerare tali Paesi e territori come Stati terzi rispetto agli Stati membri dell'Unione europea. In virtù di tale conclusione risulta applicabile l'articolo 64 TFUE, n. 1 che appunto consente le restrizioni come presentate nei fatti di cui alla causa principale. Non di meno, la norma del Trattato deve ritenersi non pregiudizievole nei confronti delle disposizioni della normativa nazionale in vigore al 31 dicembre 2003 in quanto quest'ultima è stata emanata successivamente alla normativa comunitaria.

La pronuncia della Corte
Secondo i togati comunitari è legittima una normativa nazionale, come quella prevista nel codice generale dell'imposte francese. Pertanto, ai fini del riconoscimento dell'esenzione dall'imposta sul valore commerciale degli immobili ubicati nel territorio francese, per i soggetti giuridici residenti nei territori dei paesi d'oltremare è necessaria la sussistenza di una convenzione di assistenza amministrativa o di un trattato con apposita clausola di non discriminazione in base al luogo di residenza. Da ciò ne discende la mancata rilevanza e il consecutivo mancato pronunciamento sulla questione della responsabilità solidale.

Fonte: Fisco Oggi - sentenza della Corte UE del 5 maggio 2011, proc. C-384/09